Conviene aprire un franchising? La risposta, per come l’ho vista ripetersi in mille storie diverse, è un “sì, ma” gigantesco. Può essere una scorciatoia verso un’attività più ordinata e meno improvvisata, però il confine tra marchi redditizi e offerte da evitare non passa dai loghi famosi, passa quasi sempre dalle condizioni, dai numeri e dal tuo territorio.
Perché il franchising “sembra” più facile (e spesso lo è)
Entrare in un franchising dà una sensazione rassicurante, come comprare una ricetta già collaudata invece di inventarla da zero. I vantaggi più concreti, quelli che contano davvero quando apri la serranda il primo giorno, sono:
- Marchio riconosciuto: parte del lavoro di fiducia è già fatto.
- Modello di business testato: procedure, layout, assortimenti, standard operativi.
- Formazione e assistenza: avvio, gestione, marketing, talvolta software e fornitori.
- Economia di scala: acquisti centralizzati e campagne pubblicitarie condivise.
- Accesso al credito più semplice: alcune banche guardano meglio a reti strutturate (non è automatico, ma succede).
Fin qui, tutto bene. Il punto è che ogni aiuto ha un prezzo, e nel franchising il prezzo è spesso scritto nero su bianco in clausole che molti leggono troppo tardi.
I costi “invisibili” che mordono i margini
Il rischio più comune non è aprire e non lavorare, è lavorare tanto e scoprire che il margine resta sottile come carta velina. Occhio soprattutto a:
- Fee d’ingresso: l’investimento iniziale non è solo arredi e affitto, è anche il diritto di entrare nella rete.
- Royalty: percentuali sul fatturato (o fee fisse) che pesano anche nei mesi difficili.
- Contributi marketing: utili, sì, ma vanno messi in conto.
- Vincoli operativi: poca autonomia su prezzi, promozioni, fornitori, assortimento.
- Uscita complicata: rivendere o chiudere può essere più difficile del previsto.
Se ti piace decidere tutto in autonomia, il franchising può diventare una gabbia elegante. Se invece ti piace seguire un metodo e ottimizzare, può diventare una pista d’atterraggio.
“Marchi più redditizi”: cosa significa davvero (e cosa guardare)
Non esiste una classifica universale valida per tutti. Ho visto punti vendita di brand famosi arrancare in location sbagliate, e insegne meno note volare perché avevano numeri sensati e supporto reale.
Più che inseguire “il marchio del momento”, cerca questi segnali da potenziale redditività:
- Unit economics chiari: margine lordo medio, costi fissi tipici, tempi di rientro realistici.
- Royalty sostenibili rispetto ai ricavi previsti (non rispetto ai ricavi “da brochure”).
- Supporto operativo concreto: tutor di apertura, visite periodiche, manuali aggiornati, help desk.
- Area esclusiva definita: sapere dove finisce il tuo mercato evita guerre tra affiliati.
- Storia verificabile: punti vendita attivi da anni, crescita coerente, poca rotazione.
Settori che spesso reggono meglio (se i conti tornano)
In generale, tendono a performare quando c’è domanda costante e processi replicabili:
- Ristorazione veloce e format “grab and go”
- Servizi alla persona (beauty, benessere, cura)
- Fitness e micro-studi specializzati
- Servizi B2B e assistenza alle imprese
- Retail di prossimità in zone con flusso stabile
Non è la categoria a salvarti, è l’incrocio tra domanda locale, costi e regole contrattuali.
Quelli “da evitare”: non nomi, ma campanelli d’allarme
Se stai per firmare e riconosci più di due segnali qui sotto, fermati e fai un passo indietro:
- Richieste di fee alte senza un piano economico dettagliato e verificabile.
- Promesse di guadagni “sicuri” o tempi di rientro troppo rapidi senza dati.
- Bilanci non condivisi o informazioni vaghe sulla solidità del franchisor.
- Rotazione elevata di affiliati (molte aperture e molte chiusure in poco tempo).
- Fornitori obbligatori con prezzi fuori mercato e nessuna alternativa.
- Formazione minima, supporto scarso, ma controllo rigidissimo su ogni dettaglio.
Qui non si tratta di “evitare un marchio”, si tratta di evitare un contratto che trasferisce tutto il rischio su di te.
La checklist pratica prima di dire sì
Prima di innamorarti del brand, fai questo, anche se ti sembra noioso:
- Chiedi documento informativo, bilanci, elenco punti vendita attivi e chiusi.
- Parla con almeno 3 affiliati, anche uno “scomodo”, e chiedi: margini, costi reali, rapporto col franchisor.
- Costruisci un piano con break-even prudente includendo royalty, marketing, personale, stagionalità.
- Fai leggere il contratto a un avvocato esperto: le clausole su rinnovo, uscita, penali contano più dell’insegna.
Alla fine, sì, può convenire. Ma conviene davvero solo quando il marchio ti porta clienti, e il contratto ti lascia abbastanza margine per respirare.




